venerdì 24 ottobre 2008

Longshot Comics: Intervista a Shane Simmons


Oggi siamo lieti di ospitare una lunga intervista al genio dietro l'epopea di Longshot Comics: Shane Simmons.

Ciao Shane, e benvenuto sul blog di ProGlo. Presentati pure ai lettori italiani.

Shane: Mi chiamo Shane Simmons e sono uno scrittore canadese che lavora nel mondo del fumetto, del cinema e della televisione. Ho iniziato a farmi conoscere con una serie di minicomics autoprodotti a Montreal, da lì sono passato, in maniera piuttosto contorta, a lavorare nell’industria cinematografica, e più direttamente sul mio tristemente famoso fumetto a puntini: Longshot Comics.

Veniamo subito a Longshot Comics, allora. Il sense of humor di Longshot sembra molto vicino, come gusto, a quello dei Monty Python... È una coincidenza, o un dichiarato omaggio?

S: Sono cresciuto con le commedie inglesi, e i Monty Python ne rappresentavano una parte cospicua. Ricordo quando, avrò avuto quattro anni, stavo guardando lo sketch Sam Peckinpah's Salad Days, dove tutti finivano con le labbra tagliate via e sprizzavano in giro litri e litri di sangue. La trovai la cosa più divertente che avessi mai visto. Si può riconoscere tuttora uno stile “alla Python” nel mio lavoro, anche se quello che faccio è piuttosto lontano dal non-sense. Ma si può, con la stessa facilità, trovare che io sia stato influenzato da show televisivi come Blackadder, Red Dwarf, o da qualcuna delle varie incarnazioni della Guida galattica per gli autostoppisti.



Salad Days, dei Monty Python

In Longshot Comics è presente un fortissimo senso della Storia: ma il fatto che Roland Gethers, il protagonista, sia sempre indietro ai suoi tempi è una caratteristica del personaggio o è la tua visione dell'uomo comune?

S:
Roland è sempre stato un personaggio pieno di difetti, ma il senso di seguire la sua vita dalla nascita alla morte, era proprio rappresentare come questi difetti fossero stati instillati in lui dalla famiglia, dalla sua educazione, dai suoi datori di lavoro, dal suo governo, e in definitiva dall’epoca in cui aveva vissuto. Non si nasce ottuso razzista come lui, ma lo si diventa. Io ero interessato a rappresentare come un bambino innocente acquisisse una forma mentis errata attraverso anni e anni di condizionamenti negativi. Il suo più grande difetto è di non pensare mai per conto suo, man mano che diventa adulto. Non mette mai in dubbio la propria educazione o le proprie convinzioni, e in questo modo non diventa mai un uomo. Penso che questo sia un difetto alquanto comune per molta gente di oggi, o del passato.

Roland è ispirato a qualcuno in particolare?

S: Un amico molto perspicace una volta mi disse che La lunga e inutile vita di Roland Gethers era un libro su mio padre, mentre il seguito La promessa fallita di Bradley Gethers riguardava me. Non è vero letteralmente, ma ci sono elementi, inseriti intenzionalmente, che avallano questa tesi. Se mai finirò il terzo libro, si potrà tranquillamente dire, senza andare troppo lontani dal vero, che si tratterà di un libro dedicato al nonno che non ho mai conosciuto.


In Longshot Comics ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale... o no?

S: I fatti storici sono generalmente veri, i personaggi non così tanto. D'altronde ho inserito uno due personaggi storici qua e là. Il compositore Edgar Elgar gioca un ruolo centrale in una breve storia a puntini che ho scritto tempo fa per la rivista Classical Pulse della Tower Records.

Che genere di fumetti leggi?


S: Ho diminuito le mie abitudini da lettore di fumetti rispetto agli anni in cui andavo alla fumetteria locale ogni settimana e compravo una pila di nuove uscite. Ma sono stato sempre appassionato di fumetti indipendenti, pubblicati dalle case editrici più piccole. Si tratta di storie con una solida narrazione, oppure dotate di un ottimo sense of humor. Mi piace tenere sott’occhio autori come Matt Feazell, Sean Bieri, Scott McCloud, Evan Dorkin, Jhonen Vasquez, Chester Brown, Joe Matt, Roberta Gregory e così via. È passato un sacco di tempo da quando ho letto l’ultimo fumetto che è possibile indicare come mainstream, anche se oramai questo termine, in Nord America, racchiude una ben ristretta cerchia di generi narrativi.


Non molti sanno che, tra le tue opere maggiori, ce ne è una che per attitudine alla sperimentazione rivaleggia con Longshot Comics. Si tratta di Money Talks, una saga che ha come esclusivi protagonisti le teste dei regnanti raffigurate sulle banconote di tutto il mondo. Un esperimento che però non ha potuto vedere la fine, a causa delle scarse vendite. Potremo mai leggere la conclusione di quest'opera?

S: Money Talks fu originariamente ideato per essere una serie di 25 episodi, ma fu cancellato dopo il primo ciclo di cinque. Le vendite erano troppo basse per mantenerlo a galla, e io dovetti persino co-produrre il quinto numero con la Slave Labor Graphics per essere sicuro di riuscire a terminare la storyline. È uno dei tanti progetti interrotti che mi perseguitano, ma al momento non ho nessun progetto per terminarlo. Recentemente mi sto trastullando con un’idea che può rappresentare una ideale continuazione a Money Talks, sia dal punto di vista tematico che stilistico, ma con maggiore documentazione storica. Questo progetto sarebbe pubblicato a puntate sul mio sito web (eyestrainproductions.com), in modo che nessuna preoccupazione legata alla dura realtà dell’editoria possa interrompermi nel bel mezzo della narrazione.


Fumetti a puntini, collage di banconote... ma sei capace di disegnare?

S: Certo che so disegnare, e ho una pila di mini-comic a dimostrarlo! Sfortunatamente, continuo a scrivere storie che sono ampiamente oltre le mie capacità di disegnatore umoristico (disegno con uno stile semplice e cartoonesco). Questo è il motivo per cui ho finito per raccontare storie epiche attraverso i puntini o i ritratti sulle banconote. Non ho mai avuto molta fortuna nel coinvolgere altre persone per far loro disegnare le mie storie e per questo motivo, forse, ora dedico tanto tempo nello sceneggiare cartoni animati. È molto soddisfacente avere un intero staff di animatori che riceve le mie sceneggiature e le disegna per me.

Se potessi scegliere liberamente... con che disegnatore vorresti collaborare, e su che tipo di progetto?

S: E' una domanda difficile da rispondere. Non ho in mente nessuno in particolare. Solo il mio ideale di artista talentuoso, capace di rispettare le scadenze. Ho incontrato molti artisti di talento, e pochi in grado di rispettare scadenze e tabelle di marcia. Non posso dire di aver avuto la fortuna di incontrarne uno che avesse entrambe le qualità. Dopo anni a cercare di portar avanti vari progetti in coppia, ho deciso di lasciar perdere e limitarmi a realizzare fumetti che potessi disegnare da solo.
Tutti i progetti che facevo vedere in giro erano del genere "commedia avventurosa". Sono in grado di disegnare una commedia. Ma non sono capace di disegnare un fumetto d'avventura. Bisogna avere un particolare talento nell'illustrazione. Serve quel tipo di disegno che esca fuori dalla pagina per catturare il lettore. Scrivere un fumetto divertente e appassionante è una cosa: ma senza la giusta energia nei disegni, esso risulterà semplicemente insulso, piatto. E non mi sto riferendo necessariamente a quel tipo di disegni che piacciono ai fan dei fumetti supereroistici che dominano il mercato. Ho notato il tipo di energia di cui sto parlando in molte cose, dai disegnini con gli stecchetti ai comics mainstream, ai fumetti sperimentali. E' entusiasmante scoprire un nuovo talento in grado di realizzare questo tipo di lavoro. L'entusiasmo inizia a scemare, comunque, quando scopri che ci mette dai tre ai cinque anni per realizzare un albetto di ventiquattro pagine.
Se vuoi narrare una storia lunga e continuativa, bisogna che tu lo faccia in modo costante e senza interruzioni. Altrimenti i lettori troveranno un altro fumetto che sia in grado di raccontar loro cosa accadrà nel prossimo numero, senza che dimentichino quello che è accaduto finora.

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